La ripresa del Beauty

Dal 2008 un’impietosa crisi economica ha colpito tutto il mondo, e in particolare l’Europa. I paesi dell’Unione Europea, uniti da una sola moneta, hanno avuto difficoltà a rilanciare la propria economia e alcuni di loro hanno rischiato, e rischiano tutt’ora di andare a fondo.

L’Italia non fa certo eccezione, anzi, la crisi economica italiana è stata aggravata dalle migliaia di migranti che ogni giorno approdano alle coste della Sicilia, della Calabria e della Puglia. Negli ultimi anni molti italiani hanno dovuto stringere la cinghia e rinunciare a spese superflue per poter arrivare a fine mese.

Tra spese superflue (o non di prima necessità almeno) non possiamo non includere tutti i prodotti di bellezza come creme, rossetti, matite per gli occhi, ombretti e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia, con i primi segni della tanto agognata ripresa economica si è assistito ad un boom di vendite nel settore beauty.

Un boom dei fatturati

Il presidente di Cosmetica Italia ha rilasciato delle dichiarazioni che fanno ben sperare circa una ripresa dell’economia nazionale. Nonostante molti settori abbiano subito importanti perdite, nell’ultimo periodo il mercato interno di prodotti di bellezza ha superato le aspettative con una crescita del fatturato di circa 1,4% rispetto al 2014.

E non è finita qui: alla sorprendente ma incoraggiante crescita del mercato interno bisogna sommare un importante aumento delle esportazioni che hanno assistito ad un vero e proprio boom (14% in del 2014). Questi dati fanno tirare un sospiro di sollievo all’economia nazionale. Gli imprenditori e produttori che operano nel campo del beauty sono stati audaci, investendo in prodotti nuovi ed innovativi, e sono stati premiati.

A volte, quando ci sono situazioni di stallo come quella che sta vivendo l’economia europea, la soluzione migliore è proprio accelerare e non abbassare la testa, continuando a lavorare sodo e puntando verso mercati esteri.

La modalità di vendita

Un’altra novità che accompagna il boom delle vendite di prodotti di bellezza è proprio la modalità d’acquisto scelta dagli italiani. Seguendo i trend cinesi e statunitensi, negli ultimi anni gli italiani hanno prediletto l’acquisto online: con un semplice click e senza spostarsi da casa gli incassi sono aumentati di circa il 20% nell’ultimo anno.

Molti italiani hanno iniziato a comprare regolarmente prodotti online, non solo di bellezza. Negli ultimi anni il progresso tecnologico e la facilitazione dei sistemi di compravendita hanno contribuito notevolmente a rilanciare e pubblicizzare moltissimi prodotti.

Infatti, in internet è possibile trovare moltissimi sconti e offerte, nonché una quantità e una varietà di prodotti maggiore di quella disponibile in profumeria o erboristeria. Un’altra modalità di vendita che ha confermato l’incremento degli ultimi anni è la vendita “porta a porta” che è cresciuta più del 30% solo nell’ultimo anno. A quanto pare, quando i prodotti ci vengono offerti direttamente a casa nostra è più difficile dire di no.

Mondo dell’arte provocatoria

La fine del Novecento e l’inizio degli anni Duemila hanno marcato un punto di svolta importante nel mondo dell’arte. Questi periodi sono stati caratterizzati da un forte desiderio di provocare lo spettatore e di mettere alla prova e sfidare la morale collettiva con opere d’arte sfrontate ed irriverenti, a volte addirittura volgari e ridicole.

In Italia e nel mondo esistono moltissimi esempi ed artisti che hanno sfidato i cliché’ e i tabù sociali e culturali e hanno trovato il modo di reagire e rompere le regole grazie alla loro dialettica e filosofia artistica unica e particolare.

Questo trend ha portato ai giorni nostri, a un’epoca in cui la provocazione è considerata la normalità e i valori classici sono diventati, a loro volta, provocanti. La società moderna vive in una provocazione continua, in una sfida senza fine ai paletti sociali e opporsi a questa tendenza è ciò che oggi possiamo considerare davvero provocatorio.

I casi più eclatanti

Le avanguardie del 900 si sono tradotte in eccessi provocatorie sfide di costume e moralità. In Italia, ricordiamo Maurizio Cattelan, la cui opera più eclatante è stata la scultura di un enorme dito medio collocato di fronte alla Borsa di Milano: un segno di sfida e derisione nei confronti del mondo della finanza.

Altri artisti come Gunther Von Hagens e Damien Hirsts hanno eletto la morte come tema portante della loro dialettica, utilizzando a volte anche corpi morti di volontari che avevano accettato di donare il proprio cadavere all’arte. Gonzalo Orquin, poi, ha sfidato il potere temporale e la sacralità della Chiesa organizzando dei flash mob all’interno di edifici sacri.

Se parliamo di arte provocatoria non possiamo non citare Piero Manzoni e la sua “merda d’artista”: un vasetto di suoi escrementi valutato addirittura 124mila euro in un’asta nel 2007. La “merda d’artista” e’ una sfida e una critica al funzionamento del sistema che valuta e da un prezzo alle opere d’arte non in base alla loro effettiva bellezza e potenza ma in base alla fama dell’artista stesso.

Milo Moirè

Il simbolo della provocazione ai giorni nostri è la modella e artista svizzera Milo Moirè che gira per le principali città europee rigorosamente nuda o coperta da scritte ed esibisce il suo corpo perfetto senza veli permettendo ai passanti di toccarle seno e parti intime per qualche minuto.

Il messaggio dell’artista è ambivalente: da un lato si oppone alle migliaia di casi di violenza sessuale sulle donne prendendo pieno e totale controllo del proprio corpo e decidendo da chi e quando farsi toccare, dall’altro lato vuole che la gente riprenda consapevolezza della propria fisicità e non si faccia trascinare nell’oblio di un’epoca iperdigitalizzata.

Le espressioni artistiche senza veli di Milo le sono costati numerosi arresti e critiche, ma sono senza dubbio l’esempio più lampante di dove può arrivare la provocazione artistica ai giorni nostri.

Cosa sono i cambiamenti personali?

Quando pensiamo alla parola “cambiamento” ci viene generalmente spontaneo associarla a cambiamenti nella nostra vita personale. I cambiamenti spaventano: scegliere la facoltà all’università, lasciare il lavoro, accettare un nuovo lavoro, fare una proposta di matrimonio, fare un figlio, trasferirsi. Sono tutte scelte non facili che hanno il potere di sconvolgere la nostra vita.

Perciò molte persone si trovano intrappolate in una routine e in una vita che non amano per paura di prendere il rischio, chiudere gli occhi e fare un salto nel vuoto, verso l’ignoto che ogni nuova decisione comporta. Si sa, ogni scelta è una scommessa, contro noi stessi, contro gli altri, contro il destino. Avere paura è normale, ma siamo poi sicuri che cambiare sia un male?

Steven Levitt

L’economista Steven Levitt dell’università di Chicago ha pubblicato uno studio statistico basato su una serie di esperimenti con cui prova che decidere di affrontare un cambiamento porta ad un maggior grado di soddisfazione e felicità rispetto alla decisione di mantenere lo status quo.

La teoria di partenza dell’economista è che spesso non prendiamo decisioni importanti per paura di danni immediati, ma che, invece, dovremmo dare più peso alle conseguenze delle nostre azioni a lungo termine. Per questo motivo, Levitt ha chiesto ad un numero di persone di prendere una decisione rilevante: come lasciare il lavoro, rompere il fidanzamento o fare un bambino.

Il processo decisionale è stato guidato e indirizzato da consigli di esperti e nessuno è stato forzato a prendere una scelta. Qualora dopo i numerosi consigli i partecipanti avessero avuto ancora dubbi sulla decisione da prendere, Levitt li ha invitati a far decidere il caso. I risultati di quest’esperimento hanno dimostrato che dopo qualche mese le persone che avevano optato per un grosso cambiamento erano visibilmente più soddisfatte e felici rispetto a chi non l’aveva fatto.

Non è tutto bianco o nero

I risultati di questo esperimento, è vero, sembrano consigliare di non esitare e tuffarsi in nuove avventure e non opporsi ai cambiamenti. Tuttavia, ci sono delle considerazioni da fare. Prima di tutto, l’esperimento non ha una base scientifica inconfutabile. I partecipanti, infatti, sono stati scelti tra coloro che avevano già preventivamente letto il libro pubblicato da Levitt e i risultati non si possono facilmente generalizzare ad un gruppo più grande ed eterogeneo.

Per di più, decisioni così importanti possono, appunto, cambiarci la vita. Perciò la paura e il nervosismo sono nostri alleati. Vero, non dobbiamo farci bloccare da essi e lasciare che ci impediscano di vivere a pieno la nostra vita; ma è altrettanto importante soppesare e valutare bene tutte le possibili conseguenze prima di prendere una decisione simile.

Il cambiamento di vita, di partner o di carriera è un argomento troppo delicato e variabile per poterlo ridurre a mera statistica: il futuro è nelle nostre mani, cambiare a volte è un bene e altre no, sta a noi prendere la decisione migliore.

Tutto ciò che dovreste sapere sulla prigione di Guantanamo

Nel 2002, all’interno della base militare americana di Guantanamo, Cuba, è stato aperto un campo di prigionia per volere dell’allora presidente Bush. Negli anni sono circolate numerosissime storie riguardo le condizione inumane e le torture a cui sono stati sottoposti i circa 800 detenuti che hanno transitato per il carcere, e, nel 2008, il neoeletto presidente Obama aveva promesso un’imminente chiusura della prigione.

A otto anni di distanza Guantanamo è ancora aperta, il Senato degli Stati Uniti ha respinto il piano di chiusura che avrebbe avuto un costo pari a 80 milioni di dollari e, nonostante numerosi tentativi di delocalizzare i prigionieri in altre strutture, la prigione non ha ancora chiuso le porte, contravvenendo numerose pressioni internazionali.

Le violazioni legali

Spesso la prigione di Guantanamo è stata definita un vero e proprio “buco nero legale” a causa delle pochissime informazioni che trapelavano e dei sospetti (fondati) di violazione di numerosi trattati internazionali e dei diritti umani dei prigionieri.

Il governo Bush si è sempre dimostrato molto ostile e chiuso al dialogo con le organizzazioni internazionali che istillavano dubbi sulle violazioni legali del campo. Con il cambio di governo e l’elezione di Barack Obama i negoziati e le discussioni sono diventati molto più semplici e si sono avute informazioni più certe e verificate delle condizioni di incarceramento e detenzione.

L’alto funzionario per i Diritti Umani dell’ONU e numerosi governi stranieri hanno protestato contro le condizioni delle carceri e i trattamenti inumani riservati ai detenuti. Inoltre, l’appello di un ex detenuto è stato concluso con una sentenza che dichiarava una netta violazione sia della Convenzione di Ginevra sia del Codice di Giustizia militare statunitense per quanto riguarda la modalità di giudizio e di detenzione.

Le organizzazioni per i diritti umani

Molte relazioni rilasciate da organizzazioni internazionali e per la tutela dei diritti umani hanno affermato che nella prigione di Guantanamo sono stati violati numerosissimi diritti dei detenuti e testimonianze hanno provato che i prigionieri sono stati torturati e reclusi in condizione inumane.

Il report di Amnesty International del 2006 ha dichiarato che secondo i CSRT (Tribunali di revisione dello statu combattente istituiti dal governo statunitense nel 2004) oltre il 90% dei reclusi erano stati rinchiusi senza aver subito un regolare processo, non gli era stato messo a disposizione un avvocato d’ufficio e molti di essi hanno declinato anche la possibilità di essere giudicati di fronte ai CSRT per paura che venissero usate contro di loro prove estratte con metodi illegali e tortura.

Le inesistenti tutele legali e le inumane condizioni di detenzione hanno spinto più di 200 detenuti ad iniziare uno sciopero della fame durato diversi mesi.

Il governo statunitense ha sempre negato qualsiasi tipo di maltrattamento ma, nel 2005, tre rappresentanti del commissariato per i diritti umani dell’ONU hanno rifiutato l’invito americano a visitare la prigione poiché l’amministrazione Bush non aveva rispettato numerose norme internazionali.

Oriente vs Occidente

La cultura orientale e occidentale sono estremamente diverse e sempre lo sono state dalla notte dei tempi. Per quanto il consumismo e la globalizzazione abbiano avvicinato persone da tutto il mondo e tentato di creare una comunità unica che trascendesse i confini geografici, siamo ancora distanti da poterci definire “cittadini del mondo”.

E’ vero, le barriere e limitazioni fisiche e tecniche per spostarsi da una parte all’altra del mondo si sono notevolmente ridotte negli ultimi tempi; tuttavia, quando viaggiamo dobbiamo sempre tenere a mente le caratteristiche sociali, culturali e politiche dei paesi che visitiamo per evitare di offendere qualcuno o di creare situazioni poco piacevoli o imbarazzanti.

Senza dubbio, la cultura Europea e quella Statunitense hanno molti punti in comune (per quanto non manchino le unicità regionali e locali), e sono molto diverse dalla cultura Africana, Mediorientale ed Orientale. In questo articolo, esploriamo le maggiori differenze tra la società occidentale e quella orientale (in cui sono inclusi prevalentemente Cina, Giappone e paesi del Sud Est Asiatico, e sono esclusi i paesi del Medioriente che hanno caratteristiche ancora diverse).

Occidente

La società occidentale viene spesso tacciata di essere individualista e consumista. E’ senz’altro vero che i valori occidentali sono stati messi in discussione dalla mania del consumo, della tecnologia e della modernità a tutti costi. Ed è altrettanto vero che il focus degli occidentali è puntato sull’individuo e sul raggiungimento degli obiettivi personali piuttosto che sul benessere collettivo della società.

Inoltre, gli occidentali parlano molto, sono convinti che gli eventi siano controllabili, sono molto propensi al contatto fisico e molto più liberali nelle manifestazioni di affetto e di amicizia. Un’altra caratteristica fondamentale che differenzia le due culture è la religione: l’Ovest prevalentemente cristiano e cattolico contrasta nettamente con il credo buddista e induista dell’Est.

Oriente

La società orientale contrasta con la sua controparte occidentale per quanto riguarda la visione dell’individuo e il suo ruolo nella comunità. Gli insegnamenti e i principi religiosi insegnano all’uomo orientale a non volersi distinguere dalla massa, ma piuttosto a concentrarsi sul suo viaggio spirituale e liberarsi dalle debolezze terrene e materiali per ricongiungersi con l’anima universale.

Diverso è anche il modo di comunicare di questi popoli: per gli asiatici il suono è più importante del contenuto delle parole. Sono generalmente molto più riservati e meno loquaci della loro controparte occidentale e il testo che prediligono è la poesia.
Ma non fatevi ingannare, anche la moderna Cina e l’odierno Giappone sono stati contagiati dallo spirito consumistico e di interdipendenza globale.

Ciò è dimostrato dall’aspetto delle capitali e delle città più importante di questi paesi che assomigliano sempre più alle metropoli occidentali: ricche di negozi dove fare shopping, con un centro nevralgico dove hanno luogo tutte le transazioni economiche e d’affari e moltissimi locali e discoteche dove i giovani si ritrovano per divertirsi spensierati.

Botero e il suo stile unico

A chi non è mai capitato di trovarsi davanti ad un’opera di Fernando Botero e di domandarsi, pensieroso, perché l’artista abbia deciso di dipingere o scolpire sempre soggetti obesi? L’artista, esponente dell’arte moderna si è trovato più volte a rispondere a questa domanda e a giustificare le sue scelte artistiche in confronti con il grande pubblico.

Le sue opere affascinanti ma provocative lasciano tutti un po’ perplessi; per questo motivo, in questo articolo riassumiamo e analizziamo la vita di Botero e la filosofia dietro alle sue opere, perché possiate apprezzare a pieno l’unicità dei suoi capolavori.

La vita di Botero

Fernando Botero nasce a Medellin, in Colombia, nel 1932 ed è il secondo di tre fratelli, l’ultimo dei quali nasce pochi mesi dopo la morte del padre. Già da adolescente dimostra interesse per il mondo artistico: a sedici anni disegna le illustrazioni per i supplementi di “El Colombiano”, uno dei giornali più importanti del paese, e a 20 anni vince un premio per artisti colombiani e utilizza i soldi della vincita per recarsi in un viaggio-studio in Europa, la patria artistica per eccellenza.

In Spagna viene a contatto con le opere di Goya e Tiziano, si distacca dallo stile avanguardistico francese ed in Italia trova la sua primaria fonte di ispirazione nei capolavori rinascimentali di Giotto e Mantegna.

Come quasi tutti gli artisti, in patria non viene apprezzato. Con pochi soldi in tasca parte alla volta di New York dove a fatica inizia a crearsi una reputazione; si sposta poi in Germania ed infine a Parigi. Si sposa e divorzia due volte e perde tragicamente il terzo figlio in un incidente d’auto: occasione in cui il pittore stesso perde una falange del mignolo destro, cosa che lo porterà a scolpire spesso enormi mani.

La filosofia artistica

Due caratteristiche principali saltano all’occhio quando si guarda un’opera di Botero – sia dipinto che scultura: l’obesità dei personaggi e la loro assenza totale di emozioni esemplificata dallo sguardo assente e perso nel vuoto. Alla domanda “Perché disegnare e scolpire personaggi e figure obese?”, l’artista risponde che è una questione di sensualità.

Per lui, il piacere e la sensualità del dipingere sono dati dall’abbondanza di colore che rimanda all’esaltazione della vita. E quale miglior metodo per abbondare con il colore se non esagerare ed ingrandire a dismisura le forme dei suoi personaggi?

Per quanto riguarda l’assenza di emozione dei dipinti e delle sculture, Botero spiega che, essendo focalizzato sul colore e sul piacere provocato dalle pennellate abbondanti e voluminose, ha voluto intenzionalmente distaccarsi dai suoi personaggi.

Le donne nude, i giocolieri, i matador, i vescovi sono tutti neutri, sembra che osservino impassibili ciò che li circonda senza realmente vedere nulla. La freddezza e il distacco dell’artista dai suoi personaggi si traduce nell’assenza della componente morale e psicologica delle sue opere.

Salute umana e cambiamenti climatici

Avrete spesso sentito parlare del problema dei cambiamenti climatici e del loro disastroso impatto sull’ambiente. E’ importante, però, evidenziare quanto questi cambiamenti possano influenzare anche la salute umana e siano pericolosi per l’uomo.

Le statistiche a questo riguardo sono estremamente preoccupanti: il cambiamento climatico sta avanzando a passo deciso e ha già mietuto parecchie vittime. Disastri naturali incontrollabili ed imprevedibili possono colpirci da un momento all’altro e ondate di caldo e di gelo spesso colpiscono le fasce più deboli e vulnerabili della popolazione come anziani e bambini. Vediamo insieme qualche statistica e previsione per il futuro.

Le conseguenze per la salute umana

Non pensate che il cambiamento climatico crei problemi e difficoltà solo ad ecosistemi e specie animali, noi siamo colpiti tanto quanto loro. Le conseguenze per la nostra saluta sono varie: a breve e lungo termine, dirette o indirette. Solo nell’anno 2000 150mila persone sono morte a causa di cambiamenti climatici e il rischio è che, entro il 2040, il numero sia destinato a salire ad una preoccupante cifra di 250mila decessi all’anno.

Gli elementi naturali che sono principale causa di morte sono gli avvenimenti metereologici estremi come alluvioni e terremoti, ma anche improvvise ed inaspettate ondate di calore o di gelo. Proprio le ondate di calore hanno causato non pochi problemi nelle zone del Mediterraneo e dell’Europa Meridionale. Solo nel 2003 ci sono stati più di 70mila morti nei paesi europei, soprattutto, come dicevamo prima, tra le fasce più vulnerabili della popolazione.

Entro il 2050 questo numero sembra destinato a crescere fino ad un picco di 120mila decessi l’anno causate da questi sbalzi termici. Inoltre, temperature molto alte vanno di pari passo con il livello di inquinamento atmosferico: altro problema estremamente attuale e rilevante che ha causato la morte prematura di migliaia di persone.

Altri rischi

Esistono altri rischi per la salute umana oltre la morte improvvisa causata da inquinamento e ondate di caldo. Per quanto riguarda i rischi a breve termine possiamo citare incendi boschivi, proliferazione di insetti portatori di malattie e aggravamento di problemi dovuti ad allergie stagionali.

Innanzitutto, gli incendi sono molto più frequenti e pericolosi di quanto si possa immaginare: ogni anno in Europa se ne verificano oltre 70mila tra quelli di origine dolosa e quelli naturali. Oltre alla morte e alla distruzione provocata dal fuoco stesso, bisogna preoccuparsi anche delle conseguenze a lungo termine causate dall’inquinamento atmosferico che ne consegue: le particelle derivate dalla combustione del legno possono provocare cancro e morte prematura.

Il rischio di diffusione di insetti portatori di malattie e di problemi legati alle allergie sono meno probabili e potrebbero causare problemi per un numero piuttosto ristretto di persone. Ma visti i cambiamenti repentini degli ultimi anni non si sa mai cosa potrebbe succedere.

Quando parliamo di conseguenze a lungo termine causate dai cambiamenti climatici, ci riferiamo al rischio di un cambiamento (e possibile diminuzione) delle capacità di produzione alimentare a causa delle variazioni delle temperature e della quantità e portata delle precipitazioni.

Uno sguardo all’Australia

Quando pensiamo all’Australia immaginiamo infiniti terreni deserti, animali esotici come canguri e koala (e animali meno carini come enormi serpenti e ragni), popoli aborigeni e ambienti rurali. In realtà, la conformazione dell’Australia moderna è molto simile alla struttura di città Europee e Americane, solo molto più grande.

Le principali città australiane sono collocate lungo la costa e i territori centrali sono prevalentemente desertici; la composizione territoriale e la posizione geografica fanno dell’Australia un territorio unico e prevalentemente pacifico ed estraneo alle preoccupanti dinamiche che affliggono il resto del mondo.

La storia di questo paese non è delle migliori: la lingua ufficiale è l’inglese, eredità dei coloni britannici e dei primi abitanti dell’isola: i detenuti inglesi ed europei banditi dal vecchio continente che venivano scaricati sulle coste australiane. Tuttavia, è vero che esistono molte tradizioni di origine aborigena che rendono questo paese estremamente affascinante e unico.

Un paese multiculturale

L’Australia è man mano diventata un centro multiculturale e multietnico che accoglie e riunisce immigrati di prima, seconda e terza generazione provenienti da tutte le parti del mondo. La lingua inglese spesso si mischia a spagnolo, greco, italiano, cinese ed arabo e questa tendenza si riflette nei ristoranti multietnici che spuntano in ogni città.

Particolarmente diffusi sono i ristoranti cinesi, giapponesi e thailandesi: a pensarci bene il sud-est asiatico non dista molto dalle coste australiane, e spesso migranti di quelle aree trovano migliori opportunità nella “land down under”.

Un’importante componente della cultura e della società australiana è l’influenza aborigena. Nonostante oggigiorno gli aborigeni siano presenti solo in alcune aree remote del paese, hanno lasciato numerose tracce della loro presenza come l’arte rupestre e un’influenza linguistica nel dialetto colloquiale australiano: lo Strine.

La natura

La natura è probabilmente l’elemento più importante dell’Australia: le grandi distese desertiche non impediscono il fiorire di moltissime aree verdi in tutte le città. Inoltre, come abbiamo detto, tutte le città principali sorgono sulla costa o a poca distanza da essa; per questo motivo, l’oceano è un elemento imprescindibile nella vita e nella crescita di ogni australiano.

Andare in spiaggia per loro è un’abitudine quasi quotidiana e, festeggiando Natale e capodanno durante quella che per loro è estate, hanno l’occasione di inaugurare il nuovo anno in riva all’oceano sfrecciando su tavole da surf e organizzando falò e barbecue.

L’attaccamento alla natura degli australiani si manifesta anche nella diffusa abitudine di organizzare campeggi e gite nel verde in compagnia di famiglia e amici. Chi è nato e vissuto lì non si spaventerà più di tanto se nel bel mezzo di un barbecue dovessero spuntare fuori serpenti o ragni.

Per i turisti, invece, è consigliato sempre farsi accompagnare da una guida o un autoctono in caso di gite nell’entroterra o di campeggi all’aria aperta. Per chi non è abituato, ragni enormi, coccodrilli e serpenti potrebbero rappresentare incontri poco graditi.

La fine di un’era

Non importa quanti anni abbiate, il nome Four Season sicuramente non vi lascerà indifferenti. Ebbene sì, il ristorante che ospitò tutta la New York bene: da JFK a Kissinger, da Donald Trump a Nora Hefron, da Anna Wintour a Oscar de la Renta, inclusi tutti i presidenti americani, chiude le porte.

La notifica di sfratto ha segnato per i proprietari (l’italiano Julian Niccolini e lo svizzero Alex Von Bidder) e per la clientela affezionata la fine di un’era. Ormai al Four Season non si andava più per la cucina, ma per essere visti e fotografati in quest’icona di New York, un angolo di lusso che sembrava non essere stato scalfito dal passare del tempo, ma che ha, purtroppo, dovuto cedere di fronte al passo inarrestabile ed impietoso della modernità.

La storia

Le cifre esorbitanti degli affitti di New York costringono ogni anno molti ristoranti a chiudere i battenti. Il Four Season sembrava resistere. Disegnato da Philip Johnson e ultimato nel 1959, questo iconico ristorante era costato, ai tempi, 4.5 milioni di dollari.

Il locale che ha inventato il concetto di power lunch (un pranzo in cui persone d’affari discutono di business importanti) era nato sotto l’influenza della cucina francese ed era diventato, negli anni 70, un palcoscenico su cui sfilavano vip e potenti piuttosto che un locale dove andare a mangiare.

Ebbene, tutto questo è giunto al termine: Aby Rosen, il proprietario del palazzo, ha presentato la notifica di sfratto ai due proprietari insolventi e ha optato per uno staff più giovane e alla moda: i due chef Mario Carbone e Rich Torrisi.

Piazza pulita

Il Four Season, che ha servito la sua ultima cena tra la commozione generale, è stato completamente svuotato. Ogni singolo pezzo dell’arredamento è stato venduto: sedie, posate, stoviglie, tavolini da cocktail, tutto. L’unica eccezione è il famoso arazzo di Pablo Picasso, il “tricorno” che è diventato ormai da un anno proprietà della New York Historical Society dopo che Wright l’ha tristemente battuto all’asta.

Ma non si parla solo di beni materiali che abbandonano questo ristorante storico. Lo staff del Four Season, composto da 130 persone tra cuochi e camerieri, si ritrova ora senza un lavoro dopo anni di onorato servizio.

La chiusura del Four Season è un triste emblema dello spietato mercato della ristorazione e immobiliare della grande mela che non risparmia nessuno. Anche se sarà completamente rinnovato e modernizzato, il Four Season rimarrà nella storia per aver ospitato il quarantacinquesimo compleanno di JFK, per Sophia Loren che ha fatto il bagno nella piscina della Pool Room e per tutti gli ospiti illustri che ogni giorno varcavano la soglia di questo ristorante per ritrovarsi catapultati in una dimensione senza tempo da cui il resto del mondo, le persone normali, erano sempre state escluse.

Impariamo a gestire lo stress

La frenetica vita quotidiana dei tempi moderni sarebbe in grado di stressare chiunque: lavoro, scuola, università, lavori domestici, spesa, figli, cene con i parenti, guasti al computer e all’automobile, e la lista sarebbe ancora lunga. Spesso ci alziamo la mattina e non ci fermiamo un secondo fino a sera: così facendo accumuliamo tensione, frustrazione e nervosismo, in altre parole, diventiamo stressati.

Il livello di stress non è uguale per tutti: dipende, chiaramente, da una propensione caratteriale, impegni quotidiani, tempo a disposizione per rilassarci e da dedicare ai nostri hobby e alla nostra famiglia e, infine, dalla nostra gestione dello stress stesso.

Non riuscire a gestire lo stress nella maniera adeguata può influire negativamente sulla nostra vita lavorativa e sentimentale; per questo motivo, qui di seguito troverete alcuni semplici consigli che, senza bisogno di ricorrere a psicologi o psicoterapeuti potranno aiutarvi a ridurre il livello del vostro stress e a migliorare le vostre giornate.

Attività pratiche

Ci sono delle semplici azioni pratiche che potete fare per ridurre i livelli di stress. Ad esempio, è fortemente consigliato svolgere dell’attività fisica: oltre a mantenervi in forma, vi aiuterà a scaricare le tensioni e sfogare il nervosismo.

Potete fare un po’ di jogging, iscrivervi in palestra o seguire corsi di pugilato, zumba o ciò che più vi aggrada; potete farla da soli o in compagnia ma vedrete che, qualsiasi modalità scegliate, vi aiuterà a sentirvi più leggeri e attivi. Un altro elemento importante è l’alimentazione: tante volte, come l’attività fisica, si pensa che sia importante avere un’alimentazione corretta per mantenere la linea o dimagrire.

Nulla di più sbagliato: mangiare in maniera sana vi permetterà di mantenere un buon equilibrio psicofisico e di essere più lucidi e pazienti quando affronterete situazioni stressanti. Un ultimo consiglio pratico è di imparare a gestire il tempo e pianificare e organizzare i nostri impegni per tempo. Fate una lista, se serve, ma vedrete che se riuscirete a creare un programma chiaro elencando ciò che dovete fare vi sembrerà di avere molto più tempo a disposizione.

Allenamenti mentali

Uno dei problemi principali di chi soffre per il troppo stress è il continuo bisogno di avere tutto sotto controllo. Se riuscirete a lasciare andare il controllo di tutto ciò che vi circonda per qualche momento vedrete che di colpo riuscirete a vedere tutto da una prospettiva diversa.

Questo aspetto ha a che fare con la consapevolezza di sé e il desiderio di voler sempre fare tutto alla perfezione. Una volta che riuscirete a capire che siete voi stessi il vostro avversario più grande ed imparerete ad essere un po’ più clementi nel giudicarvi, vedrete come riuscirete ad apprezzare anche le piccole conquiste di ogni giorno e vi applaudirete per il ritmo sfrenato di vita che riuscite a mantenere senza impazzire.